Per tre anni di seguito, dal 1907 al 1909 partecipa in Roma alla esposizione internazionale della Società Amatori e Cultori di Belle Arti. E se già queste partecipazioni delineavano un rapido successo del giovane Poma, il segnale più prestigioso lo raggiunge nel 1905, quando il novello Re Vittorio Emanuele III acquista alla Promotrice di Torino un suo dipinto, Viale a Villa Borghese. O Villa Umberto, come allora si volle battezzare la villa di Scipione Borghese, acquistata nel 1901 con tutta l'insigne Galleria dallo Stato italiano e intitolata appunto al povero Umberto I, che era stato assassinato allo scadere del secolo.

Successivamente Poma, la cui famiglia di operosi imprenditori era nota a casa Savoia, durante un ricevimento del 1910 incontra di nuovo il futuro re soldato, anzi sbadato, che subito si congratula con lui: "Ho acquistato un altro suo quadro all' Esposizione di Venezia!" Poma trasale e a stento trattiene il tono della voce: "Ne sarei stato orgoglioso, Maestà, ma purtroppo non ho partecipato alla Biennale". La testa coronata l'aveva confuso con un omonimo, forse Silvio Poma, che non gli era neanche parente. Ma come faceva, il Re, a scambiarlo con qualcuno che dipingeva in modo del tutto diverso, a livelli di qualità ben più scadenti di quelli che a Sua Maestà avrebbero dovuto essere ben presenti dal magnifico dipinto acquistato qualche anno prima!

E qui Poma (Alessandro!) se ne esce con una nuova alzata d'ingegno, destinata però a condizionare tutta la sua restante vita d'artista. Prende una decisione:non esporrà più, in alcun tipo di mostra. E i successivi cinquant'anni rimasero effettivamente e incredibilmente fedeli a questo repentino proposito, senza che mai la ferita del suo orgoglio si rimarginasse.

(...) Del resto, la vita del pittore è, d'ora in poi, scarsa di notizie atte ad animare un racconto. Salvo una, però, che anzi è strepitosa (...) A Roma Alessandro si insedierà stabilmente solo nel 1900, ma in quale straordinaria dimora! Le conoscenze altolocate sono il prezioso passaporto di un notabile anche fuori dei confini regionali, e in questa circostanza il rapporto con Livio Borghese si dimostrerà più produttivo di quello con lo stesso sovrano. Il principe era un amico di famiglia e proprietario, tra le meraviglie della villa, della cosiddetta Casina di Raffaello che domina piazza di Siena in una respirante cornice di verde. Quel fatato edificio rustico che Antonio e Mario Asprucci avevano ristrutturato in forme neo-classiche alla fine del Settecento, Poma, come lo vide in una sua prima visita al parco, pensò subito che sarebbe stato un paradiso abitarvi e dipingervi. Chiese all'amico principe che non ebbe difficoltà a concederlo in affitto, affitto poi rinnovato, forse per un intervento dello stesso principe, anche dopo l'acquisizione pubblica della villa.

Chissà se già allora si chiamava Casina di Raffaello, perchè il Sanzio c'entra ben poco. Bisognerebbe controllare, infatti c'è chi dice che prese quel nome da quando Poma (Raffaello è il pittore per antonomasia) andò ad abitarvi. L'isolamento a cui Poma in realtà, per indole, aveva in animo di votarsi, già prima che la real topica lo mettesse in guardia dalla confusione delle mostre e dalla superficialità dei loro visitatori, sarebbe diventato davvero una condizione di felice e proficuo privilegio, in quella seducente cintura di verde.

 
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