Accanto ai pastelli che si vedranno - questa era la sua tecnica preferita - vanno ricordati anche i dipinti di figura, i ritratti, le composizioni con animali (tra cui i cigni dello stesso Giardino del Lago e le farfalle, le tante spirituali farfalle portatrici della bellezza del colore, certo anch'esse in gran parte rapite alle siepi della villa), e poi le greggi, i cavalli. Non mancherà infine alla mostra, per completare un quadro che altrimenti rimarrebbe monco, la produzione degli ultimi decenni, dopo che, nei tardi anni Trenta, Poma aveva fatto rientro nel nord Italia; ma di nuovo ritirandosi, in un piccolo e splendido centro, Courmayeur. Allora egli non cambia genere di pittura (il paesaggio), ma è il paesaggio che cambia, e dopo il tepore e la droga dei sussurri o dei silenzi del parco Borghese, ecco silenzi più alti e profondi, cieli trafitti da aguzze montagne, non più vellicati dai soffici piumini arborei. Nelle spianate a lunga gettata d'occhio della campagna romana, terra e cielo si dividevano equamente gli spazi, sul confine rettilineo dell'orizzonte; ora ora la terra trabalzante verso l'alto con i suoi picchi nevosi contende lo spazio al cielo, chiuso in brevi angoli turchini. Anche i giochi di luce s'invertono: non più un cielo chiaro sulla terra bruna, ma il bianco acuminato delle vette contro cieli iniettati di blu intensi.

Non muta, naturalmente, il sentimento del colore, partecipato con crescente intensità lungo il percorso di Alessandro Poma, come in una spremitura di luce sempre più golosamente munta e cosparsa con la punta delle dita per penetrare la superficie e comunicarle il suo fremito.

MAURIZIO CALVESI, Alessandro Poma (1874 / 1960). Pittore a Villa Borghese, catalogo della mostra, Roma, 20 giugno/7 ottobre 2007, Museo Carlo Bilotti (ex Aranciera di Villa Borghese), scritti di Maurizio Calvesi, Virginia Bertone, Lodovico Berardi, Maria Luisa Reviglio della Veneria, Gangemi editore, Roma 2007

 
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